Salaria: i resti nell'Alta Valle del Velino
Quando i Romani dovettero attraversare le strette Gole del Velino, nel tratto da Antrodoco a Posta, si trovarono di fronte una stretta vallata dove la natura opponeva al passaggio ostacoli difficoltosi e pericolosi: alti strapiombi a picco sul letto di un fiume impetuoso, dure e spigolose rocce e strettissimi passaggi. Ciò non arrestò la volontà imperiosa di Roma, anzi fu loro onore e vanto affrontare e vincere le impossibili condizioni adottando soluzioni ingegnose e grandiose. Per tale motivo è in questo tratto di strada, in particolare nel Comune di Posta, che si trovano i reperti più importanti che destano stupore e ammirazione.
Nel Medioevo l'opera pareva talmente ardita che fu attribuita a Cecco d'Ascoli, noto medico, astrologo ed erudito del tempo, che l'avrebbe realizzata in una sola notte con l'aiuto del diavolo. Cecco d'Ascoli morì nel 1327 sul rogo come eretico!
È bene premettere che purtroppo buona parte dei reperti non sono oggi custoditi e tenuti in mostra con la cura che meriterebbero, per cui alcuni punti sono raggiungibili solamente attraverso delle escursioni nel bosco più o meno difficoltose, altri, fortunatamente, sono ammirabili dalla strada. Questo sarà specificatamente indicato nell'illustrazione del percorso archeologico.
Di seguito troverete elencati e descritti questi reperti seguendo un ipotetico itinerario che ripercorre l'antica Salaria in direzione Roma-Ascoli. Quella che segue è la piantina di questo percorso:
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I reperti - Primo percorso
Arrivati al km 105,1 della SS.4 Salaria, si entra nella strada in disuso alla destra della nuova galleria, indicata dal cartello turistico; è in questo tratto che sono i reperti di maggiore interesse. Si tratta di una valle dal suggestivo effetto scenografico, dove le alte montagne cadono a strapiombo sul letto del fiume.
La Salaria passava sulla destra del fiume costeggiando la montagna ad un'altezza media di 50 metri circa dall'attuale piano stradale. Se ne intuisce il tracciato e ci si impressiona a immaginare come doveva essere il passaggio su quei precipizi con carri e cavalli.
1) Dall'imbocco della strada si percorrono 400 metri e sulla sinistra si scorge la prima grande tagliata di roccia.
Si tratta di una parete perfettamente perpendicolare scolpita a mano di ben 30 metri di altezza e 20 di lunghezza. Al centro è visibile un incasso rettangolare di 1,15x1,85 mt con 9 fori laterali che servivano per trattenere una lapide e 3 più grandi che probabilmente reggevano una mensola. La lapide, andata perduta, commemorava presumibilmente i lavori di manutenzione della via. Al fianco di questo incasso c'è una nicchia con timpano di notevoli proporzioni che doveva ospitare l'immagine di una divinità a protezione dei passanti. Sotto la parete la strada si allargava in un piazzale di circa 7 metri sorretto a valle da un imponente muraglione in opera poligonale, di cui oggi ne sono visibili una dozzina di metri, composto da massi enormi perfettamente combacianti. L'opera è stata inizialmente collocata in età augustea, ma studi più recenti la pongono in età più antica, intorno al II secolo a.C. L'eccezionale larghezza della strada e la grandiosità del luogo indicano che questo punto della via Salaria era particolare e infatti corrisponde al 69 miglio, ovvero la metà dell'intero tragitto da Roma al mare Adriatico.
2) Qui infatti fu anche rinvenuta la pietra miliare indicante il LXIX miglio. Percorrendo altri 200 metri circa si arriva al cosiddetto Masso dell'Orso dove questa fu collocata dopo il ritrovamento. La pietra di forma cilindrica poggia su di una base quadrata larga quasi un metro e l'altezza totale del cippo miliare è di 2,30 metri. Le misure eccezionali stanno proprio a evidenziare la grandiosità del luogo. Sulla pietra era riportata una incisione oggi indecifrabile:
IMP. CAESAR. DIVI F. – AUGUSTUS (COS. XI).
TRIB (U. POTEST. VIII. EX. S. C.) LXVIIII.
Interpretabile come commemorazione dei lavori fatti eseguire dall'Imperatore Augusto o dell'apposizione della colonna stessa.
3) Proseguendo per altri 400 metri si giunge ad un altro piazzale dove alla sinistra si vede l'altro bellissimo tratto della via rimasto intatto e ben conservato. Si tratta di un muraglione grandioso, in pietre poligonali gigantesche, lungo circa 38 metri e alto quasi 5. Il muraglione è diviso in due tronconi sorretti da recenti opere di sostegno e conservazione. Salendovi sopra ci si rende veramente conto di come la strada era costruita e si ammirano dei particolari importantissimi: i muraglioni misurano 2 m e sono ancora ben riconoscibili il gremium e lo statumen, conservatisi praticamente intatti come in nessun altro resto di questo tratto della via. Sopra al muraglione vi è, ben visibile, un'altra grande tagliata di roccia.
Questo punto è detto Strambo del Paladino poiché la leggenda vuole che il paladino carolingio vi avesse costruito uno scrigno per il suo tesoro, mentre due cavità presenti nelle tagliate, poste circa ad un chilometro di distanza l'una dall'altra, vengono identificate con le orme impresse da Orlando, quando si chinava a bere le acque del Velino.
4) Proseguendo per altri 200 metri si giunge alla fine della strada dismessa. Sulla sinistra si ammira un'altra stupefacente tagliata artificiale di roccia che è la più grande di tutto il tratto fin qui descritto. Misura ben 36 metri di lunghezza per 25 di altezza.
Le opere più importanti di questo tratto si ammirano senza difficoltà dalla strada e si può intuire la traiettoria dell'intera strada. Quello che però non si sa osservando da questo punto e che lascia veramente stupefatti è che il tracciato dell'antica via Salaria esiste ancora, è perfettamente riconoscibile e percorribile.
Infatti la dove la strada passava ha lasciato un'impronta indelebile poiché il fianco della montagna è stato scavato, tagliato e spianato e oggi l'antico piano stradale è ancora ben riconoscibile. Naturalmente non esiste più il manto stradale ne le grandi opere di sostegno e la via è praticamente un percorso pianeggiante a volte ridotto a sentiero e spesso invaso dalla vegetazione. Nonostante questo percorrere questo sentiero è veramente suggestivo e entusiasmante perché si riesce a immaginare benissimo come doveva svilupparsi l'opera e ci si rende conto di quali difficoltà furono superate trovandosi spesso a strapiombo su alti burroni o sotto imponenti tagliate di rocce.
Lungo tutto il percorso si ammirano diversi reperti: pietrame squadrato disseminato alla rinfusa, avanzi di muretti di sostegno a monte e a valle, pietre tagliate e squadrate, e soprattutto altri imponenti tagli perpendicolari di roccia sotto cui si passa.
Il percorso ha una difficoltà medio alta ed è consigliabile solo a chi ha dimestichezza con le escursioni in montagna. Alcuni tratti passano su alti dirupi, altri costringono all'attraversamento di fitta vegetazione.
Per raggiungere la strada si deve salire sverso la tagliata di roccia descritta al punto 1 scalando un dirupo scosceso.Qui si ammirano da vicino la tagliata di roccia, l'incasso per la lapide, la nicchia, e il muraglione. Seguendo la direzione indicata da quest'ultimo si prosegue verso destra dove per un tratto la strada non è riconoscibile, ma continuando si arriva presto su un sentiero spianato. Si incontrano in questo tratto alcuni resti di muro di sostegno a monte e a valle. Il sentiero poi si allarga fino a prendere le sembianze evidenti di una strada piana di cui si intuisce chiaramente la careggiata. Si incontrano diversi resti di pietre tagliate e squadrate. In questo tratto ci si trova al di sopra del Masso dell'Orso (2). Proseguendo si raggiunge uno dei pinti più suggestivi in cui si passa tra la montagna a sinistra e un alto sperone di roccia a destra evidentemente tagliato artificialmente.
Successivamente si passa ai piedi di altre impressionanti tagliate di roccia e si incontra un difficoltoso fosso superato il quale c'è un altro tratto di rocce tagliate. A questo punto ci si trova sopra lo Strambo del Paladino (3). La strada prosegue incontrando altri resti di muretti di sostegno fino. Poi il sentiero si perde completamente non lasciando nessuna traccia. Proseguendo però dritti mantenendo la stessa altezza si arriva ben presto alle impressionanti tagliate di roccia (4). Al di sotto di queste si scorge un favoloso tratto di strada formato da grandi pietre levigate e allineate. La direzione della via si intuisce facilmente e scendendo leggermente a valle si vede che questa è sorretta da grandi rocce naturali su cui evidentemente era costruita la carreggiata.
Poco più sotto c'è la via asfaltata sulla quale si discende per concludere il percorso.
Ribadiamo che il percorso è per lunghi tratti agevole e godibile, mentre in alcuni punti non è affatto semplice, seppur non impossibile.
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I reperti - Secondo percorso
Un altro tratto di percorso si trova sulla strada che porta al paese di Sigillo. Al km 106,5 della SS4 Salaria si svolta a sinistra e si prende la SP64.
5) I primi reperti si trovano al km 0,500 sulla sinistra della strada. Si tratta di un chiavicotto ben visibile incassato in un muro di moderna realizzazione. Questo chiavicotto serviva allo scolo delle acque dalla montagna e attraversava la via sotto il piano stradale in tutta la sua larghezza. La strada quindi passava al di sopra di questo archetto, oggi ricoperta dal terreno e dalla vegetazione. L'arco a tutto sesto di 90 cm di luce è formato da sette cunei di travertino con piattabanda di lastroni calcarei. Questo reperto è uno l'unico che testimonia con certezza la larghezza della strada in questo tratto, infatti dalla sua profondità si deduce che doveva essere larga non meno di 5 metri. Circa trenta metri prima di questo chiavicotto ve ne è un altro, più nascosto, posto all'altezza del manto stradale attuale, semi interrato. Se ne apprezza la fattezza simile a quello precedentemente descritto. La Salaria continuava seguendo un tracciato irregolare e la strada moderna la interseca in vari punti.
6) Proseguendo si arriva al paese di Sigillo, appena superato il quale, al km 2,00 si trova il cosiddetto Ponte Romano. Qui infatti la strada, che arrivava dal lato destro della valle, ripassava su quello sinistro attraversando il fiume. Questo punto è anche quello che probabilmente ha dato origine al nome della località; infatti la montagna si chiudeva come a formare uno sbarramento, un "sigillum". I Romani anche qui tagliarono la roccia e proseguirono dritti! In realtà l'attuale ponte è un rifacimento dell'originale eseguito a fine '800 dall'allora famoso ing. Carlo Waldis.
7) Dopo 150 metri, alla sinistra della valle, si ammira un tratto di strada perfettamente individuabile da questo punto di osservazione. Si tratta di una serie di muretti di sostegno che procedono sul fianco della montagna fino a raggiungere e ad aggirare uno sperone di roccia a strapiombo sul fiume, proprio nel punto in cui questo forma una ammirevole cascata. Le pietre modellano la strada aggrappandosi e confondendosi alle rocce. Aggirato lo sperone la strada continua e sono ancora ben visibili i muretti che la sorreggono, fino a perdersi nel boschetto.
I più curiosi possono avventurarsi nel percorrere questo tratto di strada salendovi sopra.
Pur trattandosi di un percorso facile, è da intraprendere solo se pratici di escursioni in montagna, e si raccomanda comunque la massima prudenza, soprattutto nei punti a strapiombo sul fiume.
Attraversando il Ponte Romano (1) si procede seguendo il sentiero a destra in direzione dei resti della strada (2). Ci si trova a questo punto a percorrere la vecchia via sulle pietre che ancora ne sorreggono e mantengono la forma.
Seppur ridotta a sentiero poiché inghiottita della montagna, la carreggiata è ben riconoscibile. Impressionante il passaggio sullo sperone dove la veduta sulla cascata è da capogiro. Si immagini cosa doveva essere il passaggio con carri e animali!
Appena superato lo sperone di roccia la strada prosegue ancora e qui c'è un tratto disseminato di rocce e di avanzi di muretti dissestati e ricoperti di muschio, dove nonostante tutto se ne intuisce chiaramente la larghezza e la direzione.
Il percorso poi prosegue ancora per un po' incontrando qualche muretto o roccia tagliata, fino a perdersi e confondersi completamente nel bosco. Per riscendere sulla strada odierna occorre tornare indietro.
Ribadiamo che il percorso è abbastanza semplice ma occorre comunque la massima attenzione.
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I reperti - Terzo percorso
Proseguendo per la SP64 dopo Sigillo fino al km 3,300 si giunge all'inizio di un tratto di vecchia strada dismessa, percorrendo altri 300 metri ci si trova in una località detta Vene Rosse del Diavolo. Il nome è dato dalla particolare conformazione delle rocce che si trovano alla sinistra, guardando verso l'alto, di colore rossastro striato e dalla leggenda ad esse legata.
8) Alla base di queste pareti rocciose si nota un taglio pianeggiante continuo: è il piano stradale su cui passava la via Salaria. Anche queste rocce silicee furono tagliate dai Romani e qui si ammira un tratto stupefacente alto fino a 20 metri e quasi ininterrotto per circa mezzo chilometro.
Nel medioevo l'opera era talmente inconcepibile che fu attribuita a Cecco D'Ascoli, noto erudito del tempo, che l'avrebbe realizzata in una sola notte con l'aiuto del Diavolo. Cecco D'Ascoli morì come eretico ma la leggenda è ancora viva tra la gente del luogo.
Il tratto di Salaria da ammirare inizia sopra la montagnola attraversata dalla terza galleria e poi si alza notevolmente in quota fino a passare sopra al tratto di strada moderna scoperto tra la seconda e la terza galleria. Qui il piano stradale è riconoscibilissimo e lo si vede alzarsi ancora sopra la seconda galleria fino a raggiungere il vertiginoso sperone di roccia a strapiombo sulla strada dismessa e su di un'alta cascata. La strada poi gira seguendo il profilo della montagna e si va a confondere nel bosco.
Anche questo tratto di strada è raggiungibile e percorribile affrontando una piccola escursione.
Pur trattandosi di un percorso facile, è da intraprendere solo se pratici di escursioni in montagna, e si raccomanda comunque la massima prudenza, soprattutto in prossimità di burroni.
Si deve scalare la collina sotto le Vene Rosse fino ad arrivare alle rocce per poi costeggiarle verso destra. Questo tratto di escursione è insidioso poiché si deve salire e passare tra fitta vegetazione e rigogliosi cespugli.
Una volta raggiunto il punto in cui il boschetto si apre, più o meno sopra l'inizio della terza galleria, il percorso diviene più visibile, libero e pianeggiante. A questo punto il piano stradale si riconosce bene e lo si vede salire costeggiando la parete rocciosa fino a raggiungere la grande rupe a picco sulla cascata che si scorge in lontananza. Qui la strada passa tra le rocce rosso pallido tagliate sulla sinistra e un precipizio impressionante sulla destra.
È affascinante fermarsi ad ammirare contemporaneamente le tre versioni di Salaria che l'uomo ha realizzato in epoche diverse e verificare che il tracciato è pressochè lo stesso: l'antica via dei Romani su cui si sta camminando, la dismessa strada Salaria realizzata a fine '800, e in mezzo alle due la moderna statale su cui ci si trova a strapiombo.
Proseguendo il cammino si giunge sullo sperone di roccia dove la strada si allarga in un piazzale a precipizio su di una scrosciante cascata. Poco più in là la strada ricomincia la discesa ed è riconoscibilissima la carreggiata nel bosco anche grazie a una decina di conci, rimasti allineati nella loro posizione originale a testimoniare la direzione e della posizione della via che, come si vede, passava accostata al fianco della montagna.
Qui finisce questo percorso e per riscendere la cosa migliore è tornare indietro.
Ribadiamo che il percorso è abbastanza semplice ma occorre comunque la massima attenzione.
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Per capire meglio: |
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Fonti:
Viaggio archeologico sulla via Salaria di Niccolò Persichetti
Posta nell'Alta Valle del Velino di Don Giulio Mosca
Strade romane, storia e archeologia di Basso Patrizia
Le strade dell'Italia romana del Touring Club Italiano
Antiche strade - Lazio - Via Salaria di Giovanna Alvino