prova
Generica - Generale |
La Salaria era una delle vie più antiche e importanti dell'Impero Romano, costruita in modo tanto intelligente che oggi la moderna strada statale Salaria segue grosso modo l'originario tracciato. Attorno a questa strada si sono sviluppati molti dei centri abitati dell'Alta Valle del Velino che grazie al passaggio dell'importante via di comunicazione sono cresciuti e hanno prosperato.
Le strade sono state tra le opere maggiormente curate dagli antichi Romani poiché attraverso queste costruirono l'Impero. Per tale motivo utilizzarono metodi costruttivi che ne fecero strutture efficientissime e durature. Quando gli ingegneri Romani si trovarono a dover oltrepassare le strette e impossibili Gole del Velino, dovettero adottare soluzioni ardite e stupefacenti la cui grandiosità lasciò segni indelebili sul territorio e i cui resti sono ancora ben riconoscibili.
Per meglio capire e apprezzare i reperti oggi visibili sul sentiero dell'antica via del sale, è bene conoscere la storia e l'importanza della Via Salaria, il valore di questo tipo di opere per gli antichi Romani, l'ingegno che veniva adoperato nella loro realizzazione.
LE STRADE E I ROMANI
L'antica rete viaria romana fu di vitale importanza per permettere il controllo dei territori conquistati e dei popoli assoggettati. La costruzione delle prime strade fu spontanea e queste presero il nome delle città a cui conducevano (es. Via Ardeatina), o dei popoli che raggiungevano (es. Via Latina), o della funzione che svolgevano (es. Via Salaria). In seguito vennero costruite in maniera studiata strade a scopi militari realizzate appunto dai legionari. Queste presero il nome dei consoli che le costruirono (es. Appia). I ritrovamenti archeologici e le fonti storiche testimoniano che conquiste territoriali e costruzione delle strade andavano di pari passo. Insieme alla funzione primaria per le quali erano state costruite, le vie permisero ben presto un notevolissimo sviluppo al commercio dell'urbe favorendo lo spostamento di merci e mercanti, oltre che della gente comune e dei messaggeri. Per questo l'uso delle strade fu specificatamente regolamentato nel diritto romano e la loro costruzione aveva un'importanza pari a quella di una fortificazione.
Il sistema viario era organizzatissimo e regolamentato. La mappa generale delle ramificazioni delle vie consolari era esposta in marmo al Foro Romano e venivano realizzate copie in pergamena con sotto-mappe parziali riportanti particolari itinerari che venivano poi vendute ai viaggiatori. Alloggio e rifornimenti erano assicurati da mansiones (per usi ufficiali) dove in un'intera villa dedicata si poteva far tappa per mangiare o dormire, e rifocillare i cavalli. Più di basso livello e malfamate erano le cauponae che avevano la stessa funzione ma servivano ai privati viaggiatori. Le tabernae erano invece lussuosi punti di sosta dedicati ai nobili. Le mutatio servivano invece per acquistare servizi di carrettieri, maniscalchi, veterirari o per cambiare cavallo durante una staffetta. Spesso attorno a questi punti di sosta sorsero villaggi e città tutt'ora esistenti.
Lungo tutta la strada erano poste le cosiddette "pietre miliari", grandi colonne circolari o rettangolari riportanti diverse informazioni come: distanza da Roma, distanza dalla città precedente e successiva e altre informazioni sugli ufficiali che avevano costruito o riparato la strada e quando questo era avvenuto. Le distanze erano misurate in miglia, ovvero mille passi (circa 1480 m.). Augusto, nel 20 a.c., piazzò il Miliarum aurem nel Foro Romano dove erano elencate tutte le maggiori città dell'Impero e la loro distanza da Roma. Si considerava che tutte le strade avessero inizio da questo monumento in bronzo.
Le vie consolari formarono un complesso sistema che metteva in comunicazione Roma con il resto dello Stato nel modo più rapido possibile. A questo scopo i tracciati venivano studiati nel modo più rettilineo possibile, in modo da evitare allungamenti. Le strade romane superavano sistematicamente ogni ostacolo naturale come corsi d'acqua o montagne con straordinarie opere di ingegneria, costruendo mirabili ponti, viadotti, terrapieni e gallerie in parte tuttora praticabili.
Forse nessun aspetto della civiltà romana è emblematico come la strada. Altri popoli sono stati grandi organizzatori e combattenti come i Romani ed hanno lasciato forti testimonianze architettoniche ed artistiche, ma nessuno ha dato la giusta importanza di realizzare una rete stradale come essi invece fecero. Si calcola che nel periodo di massimo splendore erano percorribili in Europa, Asia e Africa, circa centomila chilometri di strade costruite, controllate e curate dalle istituzioni di Roma.
Non desta ammirazione solo la quantità, ma ancor più la qualità di queste opere, rimasta eccelsa sino al tramonto del mondo antico. Tali imponenti segni di questa Civiltà furono per secoli studiati per la loro perfezione: il Medioevo incapace di imitare le strade e i ponti romani li chiamò per questo "sentieri dei giganti" o "strade del diavolo".
COME ERANO COSTRUITE LE STRADE ROMANE
"TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA".
Ed infatti le strade romane furono concepite in modo da partire tutte da Roma per ogni singola destinazione, come una stella, in modo da evitare che le province entrassero in contatto unendosi per ribellarsi all'Impero.
Allo scopo di realizzare percorsi il più brevi possibile, venivano creati tracciati rettilinei anche a costo di affrontare ostacoli naturali imponenti. Le strade non aggiravano gli impedimenti quali fiumi, paludi o pareti rocciose, ma gli architetti preferivano soluzioni dirette.
I corsi d'acqua venivano superati con ponti in pietra realizzati con archi, tecnica in cui i Romani erano maestri. Questi erano così ben costruiti che non solo sono giunti intatti sino a noi, ma molti vengono tutt'ora utilizzati!
Nei terreni paludosi si innalzava il livello della strada fino a due metri sopra la palude per mezzo di grandi riempimenti di pietre.
In prossimità di massi che ostruivano il cammino si ricorreva a gallerie scavate a mano (una di queste è tutt'ora percorsa da una strada statale in prossimità di Fano!).
Nei pressi di dirupi, terreni montuosi o collinari si ricorreva a grandi sbancamenti o tagli verticali netti delle rocce o a terrapieni sorretti da enormi muraglioni.
Nelle strette valli o nei passaggi montuosi, la strada veniva tenuta molto in quota in modo da scongiurare imboscate da parte di nemici.
Altra prerogativa delle strade romane era che queste dovevano essere efficienti e durare a lungo, per questo la tecnica di costruzione era molto elaborata e precisa.
Le vie più semplici erano le viae terranea (in terra battuta) che a volte venivano ricoperte di ghiaia (viae glarea stratae). Le strade più importanti erano le strade lastricate, viae silice stratae. Queste strade avevano una struttura ben precisa e definita, originariamente sancita dalle XII Tavole (datate attorno al 450 a.c.): per esempio la larghezza media andava dai 4 ai 6 metri, potevano avere due marciapiedi (margines) laterali di 2/3 metri di larghezza circa o anche più. Avevano uno spessore che andava dai 90 ai 120 cm, ed erano formate da una massicciata di tre strati di pietre sempre più piccole, legate con malta (ciò per permettere una maggior resistenza e durata nel tempo), e dal piano stradale lastricato, costituito da uno strato di blocchi di pietra spianati e accostati. La costruzione iniziava con lo scavare un "letto" (gremium) tra due solchi, i quali ne delimitavano la larghezza, nel quale sarebbero stati posati i vari strati di pietre. Lo strato più basso, era composto da pietre molto grandi come sassi ed era detto statumen, il secondo chiamato ruderatio era formato da ciottoli di medie dimensioni, il terzo da ghiaia mista ad argilla detto nucleus, ed il quarto era il vero e proprio manto stradale chiamato pavimentum: esso era composto da lastre grosse e piatte incastrate perfettamente tra loro e unite da brecciolina in modo da assorbire l'acqua piovana. Inoltre la parte centrale della carreggiata era a schiena d'asino per favorire il deflusso dell'acqua.
Nei percorsi che attraversavano le valli, i passi montani e le paludi la tecnica costruttiva poteva variare a seconda della morfologia del terreno ma sempre mantenendo le prerogative di robustezza e resistenza. La strada era sorretta a valle e protetta a monte da piccoli o giganteschi muraglioni in pietre spesso mastodontiche, incastrate perfettamente tra di loro. Questi potevano formare dei terrapieni su cui poi le strade venivano adagiate.
Dopo duemila anni il cemento che i Romani misero fra le pietre si è consumato, dandoci l'idea di una superficie su cui si viaggiasse molto male con un carro, ma la strada originale era di certo quasi liscia. Queste notevoli strade erano resistenti alla pioggia, al gelo e alle inondazioni, e non avevano bisogno o quasi di riparazioni, come si può ben vedere ancora oggi, dopo due millenni!
STORIA DELLA VIA SALARIA
La Via Salaria unisce Roma al mare Adriatico, attraversando le tortuose montagne appenniniche e deve il suo nome all'utilizzo che se ne faceva sin dall'antichità: il trasporto del Sale.
È sicuramente tra le più antiche strade dei Romani; se ne hanno notizie certe a partire dal IV secolo a.C. anche se si ipotizza che la via originaria sia di molto antecedente. L'attuale tracciato segue la Salaria Nova costruita allo scopo di accorciare il percorso subito dopo Roma ai tempi dell'imperatore Nerva (96-99 d.C.).
La Salaria era originariamente una via di comunicazione che univa Reate (Rieti) e la Sabina con Campus salinarum, l'attuale Porto d'Ascoli, dove veniva prodotto il sale, una risorsa fondamentale per l'alimentazione e la conservazione dei cibi. Il suo commercio era dunque molto importante e fiorente e i sabini si servivano di questa via per trasportare l'essenziale risorsa. Quando i Romani soggiogarono i Sabini, prolungarono la Salaria fino a Roma formando così un'unica via che metteva in comunicazione il Tirreno e l'Adriatico. Fu Augusto ad estendere il nome all'intero tragitto.
La Salaria, diventando una strada di Roma, fu soggetta alle regolamentazioni e alle tecniche costruttive dei Romani e poco alla volta divenne una delle strade più importanti dell'impero.
E' stata teatro di molti fatti capitali nella storia. La percorsero i Galli nel 394 a.C. che prima di entrare a Roma si accamparono al II miglio. Su questa via gli stessi Galli vinsero i Romani al IX miglio. Annibale la percorse con 2000 soldati a cavallo fino alla Porta Salaria da dove lanciò una lancia su Roma.
La Salaria servì a Cesare per occupare il Piceno durante la guerra civile e ai Romani per soggiogare e dominare i Sabini, i Piceni, gli Amiternini ed altri popoli.
Come le altre consolari romane, col tramontare del mondo antico, la Salaria fu lasciata in abbandono fino quasi a ridursi a un sentiero. Verso l'anno 1000 il rifiorire dell'agricoltura e del commercio fece rinascere i traffici dando nuova vita alle strade maggiori. Di nuovo nel '600 il tracciato integrale della Salaria non era più ne determinato ne conosciuto, ma solo congetturato. In pratica era un insieme di tronconi a se stanti.
Il percorso
Dalle mura aureliane di Roma usciva attraverso la Porta Salaria, costeggiando l'attuale Villa Ada, si dirigeva verso il baluardo del Forte Antenne (Antemnae). Attraversato l'Aniene (l'antico Teverone) con il Ponte Salario e superata la vicina torre medievale a sinistra, tra il IV e il V miglio, giungeva ai colli di Villa Spada e di Fidene (Fidenae). Quindi la strada proseguiva verso Settebagni (Septem balnea), poi saliva verso la collina della Marcigliana Vecchia dove si trovava l'antico insediamento latino Crustumerium. Più avanti superava Monterotondo (Eretum) e quindi il passo sul torrente Corese (Passo Corese). Proseguendo incontrava Borgo Quinzio, Torricella e Poggio San Lorenzo.
Dalla Salaria, nei pressi di Ponte Buita, si distaccava la Via Cecilia che raggiungeva Atri (Hatria). La Salaria intanto proseguiva e raggiungeva Rieti (Reate).
Superato il borgo di S. Giovanni Reatino, la via costeggiava il fiume Turano e, attraversato il possente fiume Velino con l'antico ponte di robusta pietra, saliva nell'antica città sabina di Reate.
Da Rieti la Salaria costeggiava il fiume Velino per raggiungere l'alta Civitas Ducalis, oggi Cittaducale e successivamente la vicina Cotilia (Vicus reatinus). Quindi scavalcato il famoso laghetto e la selletta di Canetra, e traversato il fiume Velino presso il piccolo Ponte Margherita, la via entra nella ristretta piana di Borgovelino e di Antrodoco. Giungeva quindi nella cittadina di Antrodoco (Interocrea). Attraversato il centro storico del paese proseguiva in direzione Nord seguendo il corso del Velinoattraverso le suggestive "Gole del Velino" alle pendici del monte Terminillo, il cui superamento richiese idee e soluzioni tecniche avanzate per gli ingegneri di Augusto, di Vespasiano e di Traiano.
Nelle aspre Gole attraversava il borgo di Sigillo e si inerpicava progressivamente sino a giungere all'abitato di Posta e quindi all'ampio altipiano di Bacugno e di Cittareale, nell'antica Valle Falacrina. Qui continuava a salire attraversando la frazione di Santa Giusta e di Collicelle sino a raggiungere il valico di Torrita. A questo punto la strada scavalcava lo spartiacque tirreno-adriatico e cominciava a scendere nell'ampio altipiano della conca amatriciana. La via quindi scendeva nella valle del Tronto, attraversando varie località tra le quali Accumoli e Arquata, Pescara del Tronto, Acquasanta Terme, Quintodecimo, quindi raggiungeva Ascoli Piceno (Asculum) per poi giungere sul Mare Adriatico in località Castrum Truentinum alla foce del fiume sulla riva destra (Martinsicuro).
La Salaria e l'Alta Valle del Velino
Il passaggio della via Salaria nella Valle del Velino con il conseguente traffico di genti, merci ed eserciti, determinò il nascere e il proliferare di centri abitati e mercati nei luoghi dove si trovavano le stazioni di sosta.
La valle era inoltre ricca di templi, ville e terme attorno ai quali crebbero abitazioni fino a divenire villaggi.
Nei secoli questa strada ha portato linfa vitale alle popolazioni della zona altrimenti isolate a causa di condizioni naturali impervie.
La Tavola Peutingeriana, riporta sulla Via Salaria i centri di Aquae Cutiliae, Interocrio, Foroecri e Falacrinis.
Aquae Cutiliae (Cotilia) era un importante centro termale. I Romani erano amanti delle terme e delle acque curative, per questo era particolarmente conosciuta Cotilia con le sue acque solfuree dai prodigiosi effetti benefici. Qui nacque un numeroso insediamento e nelle vicinanze sorse un vero e proprio centro turistico-termale, le Terme di Vespasiano, così dette poiché erano spesso frequentate dall'imperatore Tito Flavio Vespasiano che, pare, qui sia anche morto.
Interocrio (Antrodoco) esisteva già all'epoca dei Sabini ed era un piccolo centro che assunse importanza strategica con i Romani. Qui sorgeva una mansio e, grazie alle sorgenti di acqua solfurea, esisteva un centro termale.
Foroecri era un vicus la cui posizione non è stata ben localizzata. Per alcuni corrispondeva con il Forum Decii, a Bacugno. Per altri era invece posizionata leggermente più in basso, nei pressi dell'attuale Fontarello/Steccato.
Palacrinis era un vicus romano nei pressi dell'attuale Cittareale. La sua esatta posizione non era mai stata identificata fino ai recenti imponenti ritrovamenti archeologici. Qui nacque il grande imperatore Tito Flavio Vespasiano che dette origine alla dinastia dei Flavi. Questa famiglia mantenne sempre stretti rapporti con i suoi luoghi originari accrescendone l'importanza.
Un'altra località famosa nel I secolo d.C. era Forum Decii, dove sorge l'odierna Bacugno. Era un centro adibito al commercio e allo scambio di materie, un importante mercato che copriva tutta la zona. Per alcuni Forum Decii corrisponde alla sopracitata Foroecri, ma per i più si tratta di due centri distinti.
Oltre alle località mensionate nella Tavola Peutingeriana, altri sono i centri nati attorno a strutture romane o comunque legati al passaggio della Via Salaria e molti sono i reperti che lo testimoniano.
Alcuni suppongono che anche dove sorge l'odierna Posta esistesse una mansioromana per il ristoro dopo il difficile attraversamento delle Gole del Velino e probabilmente annesso ad esso era anche un piccolo vicus.
Sopra al lago di Paterno, già considerato sacro dai Sabini per la presenza di un'isoletta galleggiante e poi dedicato a riti in favore della Dea Vittoria, si scorgono dei muraglioni giganteschi di età romana che probabilmente sono i resti della sontuosa villa di Tito, figlio di Vespasiano.
A Borgovelino si trova un un imponente rudere e si tratta del cosidetto Ninfeo dei Flavi restaurato nel 1978. Dovrebbe trattarsi di una parte di una lussuosa villa dotata di ambienti termali.
I reperti nell'Alta Valle del Velino
Quando i Romani dovettero attraversare le strette Gole del Velino, nel tratto da Antrodoco a Posta, si trovarono di fronte una stretta vallata dove la natura opponeva al passaggio ostacoli difficoltosi e pericolosi: alti strapiombi a picco sul letto di un fiume impetuoso, dure e spigolose rocce e strettissimi passaggi. Ciò non arrestò la volontà imperiosa di Roma, anzi fu loro onore e vanto affrontare e vincere le impossibili condizioni adottando soluzioni ingegnose e grandiose. Per tale motivo è in questo tratto di strada, in particolare nel Comune di Posta, che si trovano i reperti più importanti che destano stupore e ammirazione.
Nel Medioevo l'opera pareva talmente ardita che fu attribuita a Cecco d'Ascoli, noto medico, astrologo ed erudito del tempo, che l'avrebbe realizzata in una sola notte con l'aiuto del diavolo. Cecco d'Ascoli morì nel 1327 sul rogo come eretico!
È bene premettere che purtroppo buona parte dei reperti non sono oggi custoditi e tenuti in mostra con la cura che meriterebbero, per cui alcuni punti sono raggiungibili solamente attraverso delle escursioni nel bosco più o meno difficoltose, altri, fortunatamente, sono ammirabili dalla strada. Questo sarà specificatamente indicato nell'illustrazione del percorso archeologico.
Di seguito troverete elencati e descritti questi reperti seguendo un ipotetico itinerario che ripercorre l'antica Salaria in direzione Roma-Ascoli. Quella che segue è la piantina di questo percorso:
Clicca qui per scaricare la piantina
Per vedere le foto del percorso archeologico visita la gallery
I reperti - Primo percorso
Arrivati al km 105,1 della SS.4 Salaria, si entra nella strada in disuso alla destra della nuova galleria, indicata dal cartello turistico; è in questo tratto che sono i reperti di maggiore interesse. Si tratta di una valle dal suggestivo effetto scenografico, dove le alte montagne cadono a strapiombo sul letto del fiume.
La Salaria passava sulla destra del fiume costeggiando la montagna ad un'altezza media di 50 metri circa dall'attuale piano stradale. Se ne intuisce il tracciato e ci si impressiona a immaginare come doveva essere il passaggio su quei precipizi con carri e cavalli.
1) Dall'imbocco della strada si percorrono 400 metri e sulla sinistra si scorge la prima grande tagliata di roccia.
Si tratta di una parete perfettamente perpendicolare scolpita a mano di ben 30 metri di altezza e 20 di lunghezza. Al centro è visibile un incasso rettangolare di 1,15x1,85 mt con 9 fori laterali che servivano per trattenere una lapide e 3 più grandi che probabilmente reggevano una mensola. La lapide, andata perduta, commemorava presumibilmente i lavori di manutenzione della via. Al fianco di questo incasso c'è una nicchia con timpano di notevoli proporzioni che doveva ospitare l'immagine di una divinità a protezione dei passanti. Sotto la parete la strada si allargava in un piazzale di circa 7 metri sorretto a valle da un imponente muraglione in opera poligonale, di cui oggi ne sono visibili una dozzina di metri, composto da massi enormi perfettamente combacianti. L'opera è stata inizialmente collocata in età augustea, ma studi più recenti la pongono in età più antica, intorno al II secolo a.C. L'eccezionale larghezza della strada e la grandiosità del luogo indicano che questo punto della via Salaria era particolare e infatti corrisponde al 69 miglio, ovvero la metà dell'intero tragitto da Roma al mare Adriatico.
2) Qui infatti fu anche rinvenuta la pietra miliare indicante il LXIX miglio. Percorrendo altri 200 metri circa si arriva al cosiddetto Masso dell'Orso dove questa fu collocata dopo il ritrovamento. La pietra di forma cilindrica poggia su di una base quadrata larga quasi un metro e l'altezza totale del cippo miliare è di 2,30 metri. Le misure eccezionali stanno proprio a evidenziare la grandiosità del luogo. Sulla pietra era riportata una incisione oggi indecifrabile:
IMP. CAESAR. DIVI F. – AUGUSTUS (COS. XI).
TRIB (U. POTEST. VIII. EX. S. C.) LXVIIII.
Interpretabile come commemorazione dei lavori fatti eseguire dall'Imperatore Augusto o dell'apposizione della colonna stessa.
3) Proseguendo per altri 400 metri si giunge ad un altro piazzale dove alla sinistra si vede l'altro bellissimo tratto della via rimasto intatto e ben conservato. Si tratta di un muraglione grandioso, in pietre poligonali gigantesche, lungo circa 38 metri e alto quasi 5. Il muraglione è diviso in due tronconi sorretti da recenti opere di sostegno e conservazione. Salendovi sopra ci si rende veramente conto di come la strada era costruita e si ammirano dei particolari importantissimi: i muraglioni misurano 2 m e sono ancora ben riconoscibili il gremium e lo statumen, conservatisi praticamente intatti come in nessun altro resto di questo tratto della via. Sopra al muraglione vi è, ben visibile, un'altra grande tagliata di roccia.
Questo punto è detto Strambo del Paladino poiché la leggenda vuole che il paladino carolingio vi avesse costruito uno scrigno per il suo tesoro, mentre due cavità presenti nelle tagliate, poste circa ad un chilometro di distanza l'una dall'altra, vengono identificate con le orme impresse da Orlando, quando si chinava a bere le acque del Velino.
4) Proseguendo per altri 200 metri si giunge alla fine della strada dismessa. Sulla sinistra si ammira un'altra stupefacente tagliata artificiale di roccia che è la più grande di tutto il tratto fin qui descritto. Misura ben 36 metri di lunghezza per 25 di altezza.
Le opere più importanti di questo tratto si ammirano senza difficoltà dalla strada e si può intuire la traiettoria dell'intera strada. Quello che però non si sa osservando da questo punto e che lascia veramente stupefatti è che il tracciato dell'antica via Salaria esiste ancora, è perfettamente riconoscibile e percorribile.
Infatti la dove la strada passava ha lasciato un'impronta indelebile poiché il fianco della montagna è stato scavato, tagliato e spianato e oggi l'antico piano stradale è ancora ben riconoscibile. Naturalmente non esiste più il manto stradale ne le grandi opere di sostegno e la via è praticamente un percorso pianeggiante a volte ridotto a sentiero e spesso invaso dalla vegetazione. Nonostante questo percorrere questo sentiero è veramente suggestivo e entusiasmante perché si riesce a immaginare benissimo come doveva svilupparsi l'opera e ci si rende conto di quali difficoltà furono superate trovandosi spesso a strapiombo su alti burroni o sotto imponenti tagliate di rocce.
Lungo tutto il percorso si ammirano diversi reperti: pietrame squadrato disseminato alla rinfusa, avanzi di muretti di sostegno a monte e a valle, pietre tagliate e squadrate, e soprattutto altri imponenti tagli perpendicolari di roccia sotto cui si passa.
Il percorso ha una difficoltà medio alta ed è consigliabile solo a chi ha dimestichezza con le escursioni in montagna. Alcuni tratti passano su alti dirupi, altri costringono all'attraversamento di fitta vegetazione.
Per raggiungere la strada si deve salire sverso la tagliata di roccia descritta al punto 1 scalando un dirupo scosceso.Qui si ammirano da vicino la tagliata di roccia, l'incasso per la lapide, la nicchia, e il muraglione. Seguendo la direzione indicata da quest'ultimo si prosegue verso destra dove per un tratto la strada non è riconoscibile, ma continuando si arriva presto su un sentiero spianato.Si incontrano in questo tratto alcuni resti di muro di sostegno a monte e a valle. Il sentiero poi si allarga fino a prendere le sembianze evidenti di una strada piana di cui si intuisce chiaramente la careggiata. Si incontrano diversi resti di pietre tagliate e squadrate. In questo tratto ci si trova al di sopra del Masso dell'Orso (2).Proseguendo si raggiunge uno dei pinti più suggestivi in cui si passa tra la montagna a sinistra e un alto sperone di roccia a destra evidentemente tagliato artificialmente. Successivamente si passa ai piedi di altre impressionanti tagliate di roccia e si incontra un difficoltoso fosso superato il quale c'è un altro tratto di rocce tagliate. A questo punto ci si trova sopra lo Strambo del Paladino (3). La strada prosegue incontrando altri resti di muretti di sostegno fino a giungere alle impressionanti tagliate di roccia (4) con cui il percorso si conclude.
Ribadiamo che il percorso è per lunghi tratti agevole e godibile, mentre in alcuni punti non è affatto semplice, seppur non impossibile.
Clicca QUI per vedere l'inizio del percorso su google maps
Per vedere le foto del percorso archeologico visita la gallery
I reperti - Secondo percorso
Un altro tratto di percorso si trova sulla strada che porta al paese di Sigillo. Al km 106,5 della SS4 Salaria si svolta a sinistra e si prende la SP64.
5) I primi reperti si trovano al km 0,500 sulla sinistra della strada. Si tratta di un chiavicotto ben visibile incassato in un muro di moderna realizzazione. Questo chiavicotto serviva allo scolo delle acque dalla montagna e attraversava la via sotto il piano stradale in tutta la sua larghezza. La strada quindi passava al di sopra di questo archetto, oggi ricoperta dal terreno e dalla vegetazione. L'arco a tutto sesto di 90 cm di luce è formato da sette cunei di travertino con piattabanda di lastroni calcarei. Questo reperto è uno l'unico che testimonia con certezza la larghezza della strada in questo tratto, infatti dalla sua profondità si deduce che doveva essere larga non meno di 5 metri. Circa trenta metri prima di questo chiavicotto ve ne è un altro, più nascosto, posto all'altezza del manto stradale attuale, semi interrato. Se ne apprezza la fattezza simile a quello precedentemente descritto. La Salaria continuava seguendo un tracciato irregolare e la strada moderna la interseca in vari punti.
6) Proseguendo si arriva al paese di Sigillo, appena superato il quale, al km 2,00 si trova il cosiddetto Ponte Romano. Qui infatti la strada, che arrivava dal lato destro della valle, ripassava su quello sinistro attraversando il fiume. Questo punto è anche quello che probabilmente ha dato origine al nome della località; infatti la montagna si chiudeva come a formare uno sbarramento, un "sigillum". I Romani anche qui tagliarono la roccia e proseguirono dritti! In realtà l'attuale ponte è un rifacimento dell'originale eseguito a fine '800 dall'allora famoso ing. Carlo Waldis.
7) Dopo 150 metri, alla sinistra della valle, si ammira un tratto di strada perfettamente individuabile da questo punto di osservazione. Si tratta di una serie di muretti di sostegno che procedono sul fianco della montagna fino a raggiungere e ad aggirare uno sperone di roccia a strapiombo sul fiume, proprio nel punto in cui questo forma una ammirevole cascata. Le pietre modellano la strada aggrappandosi e confondendosi alle rocce. Aggirato lo sperone la strada continua e sono ancora ben visibili i muretti che la sorreggono, fino a perdersi nel boschetto.
I più curiosi possono avventurarsi nel percorrere questo tratto di strada salendovi sopra.
Pur trattandosi di un percorso facile, è da intraprendere solo se pratici di escursioni in montagna, e si raccomanda comunque la massima prudenza, soprattutto nei punti a strapiombo sul fiume.
Attraversando il Ponte Romano (1) si procede seguendo il sentiero a destra in direzione dei resti della strada (2). Ci si trova a questo punto a percorrere la vecchia via sulle pietre che ancora ne sorreggono e mantengono la forma.
Seppur ridotta a sentiero poiché inghiottita della montagna, la carreggiata è ben riconoscibile. Impressionante il passaggio sullo sperone dove la veduta sulla cascata è da capogiro. Si immagini cosa doveva essere il passaggio con carri e animali!
Appena superato lo sperone di roccia la strada prosegue ancora e qui c'è un tratto disseminato di rocce e di avanzi di muretti dissestati e ricoperti di muschio, dove nonostante tutto se ne intuisce chiaramente la larghezza e la direzione.
Il percorso poi prosegue ancora per un po' incontrando qualche muretto o roccia tagliata, fino a perdersi e confondersi completamente nel bosco. Per riscendere sulla strada odierna occorre tornare indietro.
Ribadiamo che il percorso è abbastanza semplice ma occorre comunque la massima attenzione.
Clicca QUI per vedere l'inizio del percorso su google maps
Per vedere le foto del percorso archeologico visita la gallery
I reperti - Terzo percorso
Proseguendo per la SP64 dopo Sigillo fino al km 3,300 si giunge all'inizio di un tratto di vecchia strada dismessa, percorrendo altri 300 metri ci si trova in una località detta Vene Rosse del Diavolo. Il nome è dato dalla particolare conformazione delle rocce che si trovano alla sinistra, guardando verso l'alto, di colore rossastro striato e dalla leggenda ad esse legata.
8) Alla base di queste pareti rocciose si nota un taglio pianeggiante continuo: è il piano stradale su cui passava la via Salaria. Anche queste rocce silicee furono tagliate dai Romani e qui si ammira un tratto stupefacente alto fino a 20 metri e quasi ininterrotto per circa mezzo chilometro.
Nel medioevo l'opera era talmente inconcepibile che fu attribuita a Cecco D'Ascoli, noto erudito del tempo, che l'avrebbe realizzata in una sola notte con l'aiuto del Diavolo. Cecco D'Ascoli morì come eretico ma la leggenda è ancora viva tra la gente del luogo.
Il tratto di Salaria da ammirare inizia sopra la montagnola attraversata dalla terza galleria e poi si alza notevolmente in quota fino a passare sopra al tratto di strada moderna scoperto tra la seconda e la terza galleria. Qui il piano stradale è riconoscibilissimo e lo si vede alzarsi ancora sopra la seconda galleria fino a raggiungere il vertiginoso sperone di roccia a strapiombo sulla strada dismessa e su di un'alta cascata. La strada poi gira seguendo il profilo della montagna e si va a confondere nel bosco.
Anche questo tratto di strada è raggiungibile e percorribile affrontando una piccola escursione.
Pur trattandosi di un percorso facile, è da intraprendere solo se pratici di escursioni in montagna, e si raccomanda comunque la massima prudenza, soprattutto in prossimità di burroni.
Si deve scalare la collina sotto le Vene Rosse fino ad arrivare alle rocce per poi costeggiarle verso destra. Questo tratto di escursione è insidioso poiché si deve salire e passare tra fitta vegetazione e rigogliosi cespugli.
Una volta raggiunto il punto in cui il boschetto si apre, più o meno sopra l'inizio della terza galleria, il percorso diviene più visibile, libero e pianeggiante. A questo punto il piano stradale si riconosce bene e lo si vede salire costeggiando la parete rocciosa fino a raggiungere la grande rupe a picco sulla cascata che si scorge in lontananza. Qui la strada passa tra le rocce rosso pallido tagliate sulla sinistra e un precipizio impressionante sulla destra.
È affascinante fermarsi ad ammirare contemporaneamente le tre versioni di Salaria che l'uomo ha realizzato in epoche diverse e verificare che il tracciato è pressochè lo stesso: l'antica via dei Romani su cui si sta camminando, la dismessa strada Salaria realizzata a fine '800, e in mezzo alle due la moderna statale su cui ci si trova a strapiombo.
Proseguendo il cammino si giunge sullo sperone di roccia dove la strada si allarga in un piazzale a precipizio su di una scrosciante cascata. Poco più in là la strada ricomincia la discesa ed è riconoscibilissima la carreggiata nel bosco anche grazie a una decina di conci, rimasti allineati nella loro posizione originale a testimoniare la direzione e della posizione della via che, come si vede, passava accostata al fianco della montagna.
Qui finisce questo percorso e per riscendere la cosa migliore è tornare indietro.
Ribadiamo che il percorso è abbastanza semplice ma occorre comunque la massima attenzione.
Clicca QUI per vedere l'inizio del percorso su google maps
Per vedere le foto del percorso archeologico visita la gallery
Fonti:
Viaggio archeologico sulla via Salaria di Niccolò Persichetti
Posta nell'Alta Valle del Velino di Don Giulio Mosca
Strade romane, storia e archeologia di Basso Patrizia
Le strade dell'Italia romana del Touring Club Italiano
Antiche strade - Lazio - Via Salaria di Giovanna Alvino